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Memorie dal sottosuolo di Fedor Dostoevskij




"Nei ricordi di ogni uomo ci sono certe cose che egli non svela a tutti, ma forse soltanto agli amici. Ce ne sono altre che non svelerà neppure agli amici, ma forse solo a se stesso, e comunque in gran segreto. Ma ve ne sono, infine, di quelle che l'uomo ha paura di svelare perfino a se stesso, e ogni uomo perbene accumula parecchie cose del genere. Anzi: quanto più è un uomo perbene, tante più ne ha."



"Magari penseranno ... Al diavolo! Non mi rincresce per i sette rubli! Me ne vado in questo istante!... Ovviamente rimasi."



" In effetti, ecco che pongo una domanda oziosa da parte mia: che cos'è meglio: una felicità a buon mercato o elevate sofferenze? E allora, che cos'è meglio?"





Una strana ma piacevole lettura: io credo che questo romanzo da una parte si discosti dai suoi soliti iscritti ma che allo stesso tempo mantenga l’anima dello scrittore. Egli, di fatti, ha sempre trascritto di uomini nella loro totalità, senza riserve e senza buoni o falsi estremismi.

Qui racconta di un uomo di dubbia interiorità morale che sa di esserlo e allo stesso tempo se ne compiace. Un uomo misero, meschino e sempre in netta contrapposizione con se stesso. 


La prima parte (forse un po’ lenta) è di fatti un susseguirsi di monologhi uno più contrastanti dell’altro, dove non mancano anche critiche sociali verso l'uomo della sua attualità; riflessioni sarcastiche e accenni di appena percettibile invidia e di autoelogio pressoché patetico. 


Mentre nella seconda parte diventa più interessante perché il protagonista ci mostra, attraverso alcuni episodi in gioventù, di quanto sia psicologicamente disturbato e moralmente meschino.

Questo antieroe (anche a causa di alcuni avvenimenti accaduti nella sua infanzia e da ragazzo, concediamocelo) è forse la parte più miserabile di noi? Quella parte, quelle azioni così meschine che in noi non hanno mai trovato la forza di uscire fuori?  quelle assurdità forse pensante, scene che hanno sfiorato per qualche secondo la nostra mente e che hanno sbattuto subito contro il muro delle buone maniere, del pudore e della buona morale?!


Ecco… lui è tutto quello che non vorremmo mai essere, ma che almeno una volta nella vita ci è capitato di immaginare in una paradossale realtà parallela. 

Introspettivo e ironico; scritto come sempre in maniera impeccabile; trascinante, a tratti inquietante ma sublime. 

Non per niente lui è uno fra i miei autori del cuore.



                                                                                                    

                                                                                                       A presto. 




L’ultima estate di Cesarina Vighy



" Eccoci qua dopo anni di quiete che si potrebbero chiamare anni felici se solo sapessimo, mentre la si vive, che quella è la felicità. "


" Se credete in qualche dio, tenetevelo stretto. Può darsi che serva, all'inizio o alla fine, soprattutto se non vi fate troppe domande di tipo razionale. Pregatelo invece, o bestemmiatelo; ringraziatelo o maleditelo: servirà, forse, a tenere aperti i canali di comunicazione.
Se non credete in niente, meglio così: un pensiero di meno. Molti osservatori professionali riferiscono che muoiono meglio gli atei."



Ultimi pensieri e riflessioni della scrittrice al tramonto della propria esistenza, un tramonto forzato da una grave malattia degenerativa che la porta a un viaggio nei ricordi e nella sua vita che, tutto sommato, è stata piena e soddisfacente.
Se devo essere sincera il romanzo mi è piaciuto a metà, mi piace il suo sarcasmo a volte celato da un divertente senso dell’humor ma a tratti cinica, un cinismo contaminato sicuramente dall’amarezza di dover vivere una vita prigioniera del proprio corpo. 
La parte della sua infanzia l’ho trovata un po’ confusionaria descritta come alla rinfusa, poco chiara ecco; mentre i suoi pensieri, le sue riflessioni sulla vita e sulla morte imminente erano profondi ed interessanti. 
Sa scrivere bene e ad effetto ma a volte diventa noiosa.
Lettura non semplice, se cercate una lettura che vi distragga e che sia piacevole questo libro non fa per voi, almeno non per il momento.


                                                   a presto! 

La Portalettere di Francesca Giannone


“Anna e Antonio non si erano più parlati, dopo quella notte di nove anni prima.
Quanto può essere tenace, l’amore che cede il passo all’odio?


Fin dalla prima pagina veniamo catapultati nel Salento, proprio assieme alla corriera che prendono Anna e suo marito Carlo. Siamo lì, fra i vicoli salentini, fra la gente del posto, quella un po’ chiusa e bigotta ma fatta anche di persone oneste e di instancabili lavoratori.
Il profumo della campagna, delle lettere e del vino si mescola tra le caratteristiche varie dei personaggi.
Poi c’è Anna la forestiera, che porta con sé aria di novità, di indipendenza, anticonformista in una società sudista patriarcale. "Anna vorrebbe fare un lavoro che fanno gli uomini, vorrebbe portare i pantaloni, Anna si batte per i diritti delle donne, Anna vuole votare, Anna non sottostà ai dogmi antiquati della società".
Anna donna intelligente, schietta e sensibile.
Libro che scorre velocemente, come scorrono veloci i periodi storici di sfondo: la guerra, il 2 Giugno, la nascita della repubblica; non ci sono pause, si legge tutto ad un fiato.
Ottime le introspezioni dei personaggi, anche quelli secondari che non perdono mai spessore soprattutto difronte alle fragilità e la meschinità dell’essere.
Si porta a confronto la caratteristica della personalità del sud contro quella del nord, nessuno è migliore dell’altra, nessuno vince sull’altra. Entrambe non sono immune da difetti e né sono prive di virtù.
Bel libro, buon lessico buon tutto!!
Mi ha incollato alle pagine e soprattutto non ti affezioni solo alla protagonista ma un po’ a tutti quanti. Mi mancheranno…
lettura consigliata!!!!

Consiglio l'acquisto La Portalettere




                              

 Ciao e a presto!


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